Comunicato stampa congiunto: Il commissariamento degli organi di controllo
Il commissariamento degli organi di controllo
Leggiamo con stupore il testo dell'art. 112, contenuto nella bozza di Legge di Bilancio 2025, che, prevede l'inserimento di un rappresentante del MEF negli organi di controllo delle società che ricevono contributi pubblici, anche indiretti, superiori ad euro 100.000.
Tale norma, fortemente limitativa dell'autonomia decisionale privata, desta molte perplessità sotto diversi aspetti che proviamo di seguito ad analizzare e che la rendono, a nostro avviso, meritevole di integrale soppressione.
In primo luogo, non si comprende la ratio della norma: nel nostro ordinamento l'attività del Collegio Sindacale e del Revisore Legale rappresenta, da sempre, una garanzia di indipendenza, di vigilanza e di tutela degli interessi degli stakeholder e del mercato. Al contrario, l'art. 112 induce (con sgomento e preoccupazione) a ritenere che il Governo abbia individuato un vulnus nel comportamento di Sindaci e Revisori, tale da rendere necessaria la nomina di un "tutore" che possa garantirne il corretto funzionamento, dall'alto di una presunta superiore competenza ed integrità morale dei componenti di nomina Ministeriale.
I profili di analisi e di critica del dettato normativo sono molteplici, ma ci limiteremo ad evidenziare alcuni aspetti fondamentali:
1) Violazione della libertà di nomina dei componenti dell'organo di controllo da parte dell'assemblea dei soci.
2) Contrasto normativo con il Codice Civile e potenziale surrettizio scavalcamento dei requisiti professionali previsti dall'art. 2397 c.c. e dall'art. 2 del D.Lgs. 39/2010.
3) Introduzione di un potenziale e confuso doppio binario nei doveri degli organi di controllo. Le attività previste dall'art. 112 non potranno sottrarre il Sindaco "ministeriale" da tutti gli altri doveri del Collegio Sindacale o del Revisore, previsti dal Codice Civile, dal D.Lgs. 39/2010, a cui si aggiungono gli obblighi di segnalazione dal Codice della Crisi.
4) Sperequazione dimensionale e per tipologie di società. La norma opera un differente trattamento per le società destinatarie di contributi pubblici superiori alla soglia prevista di euro 100.000, ma che non abbiano superato i limiti dimensionali di cui all'art. 2477 c.c., per non parlare delle società di persone o le imprese individuali destinatarie delle medesime misure.
Altrettanto incomprensibile appare inoltre il comma 4 che impone ai soggetti destinatari della norma di non poter effettuare a decorrere dall'anno 2025 (quindi pochi giorni dopo l'eventuale entrata in vigore della norma) "spese per l'acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023" con buona pace dei piani industriali, degli impegni contrattuali eventualmente assunti e più in generale della libera iniziativa economica.
In definitiva l'articolo 112 appare una norma del tutto incoerente con il sistema normativo italiano, presenta diversi profili di irragionevolezza e appare profondamente limitativa della libera iniziativa economica. Gli strumenti per il monitoraggio e il controllo della finanza pubblica già esistono e risultano peraltro già direttamente nelle mani sia del MEF che del MIMIT senza bisogno alcuno di introdurre un siffatto confuso e illogico meccanismo.
Non vi sono quindi soluzioni alternative all'eliminazione di questa norma dalla Legge di Bilancio.
Roma, 4 novembre 2024
Maria Pia Nucera
Presidente ADC
Edoardo Ginevra
Presidente AIDC
Francesco Cataldi
Presidente UNGDCEC