Con la riforma del contenzioso sentenze semplificate per velocizzare i processi:
e la tutela dei contribuenti?
Secondo Giovanni Allevi "Il nocciolo dell'umanità è l'essere imperfetti": stessa cosa si potrebbe dire del Decreto Legislativo, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che contiene disposizioni in materia di contenzioso tributario. Decreto che contiene diverse misure rispetto alle quali l'Unione dei Giovani Commercialisti ed Esperti Contabili ha già avuto modo di esprimersi favorevolmente, posto l'indubbio miglioramento di un sistema che necessita, tra le altre cose, di un maggior impulso all'informatizzazione. Ma proprio simile spunto - appositamente richiamato dall'art. 19, comma 1, lettere b) e i) della Legge 111/2023 - non risulta in alcun modo confacente rispetto alla previsione che fa capo alle sentenze semplificate.
Si tratta di sentenze che, sebbene "relegate" ai procedimenti cautelari e conciliativi, si pongono in netto discrimine con l'esigenza, per i soggetti coinvolti nei giudizi, di vedere un pronunciamento il più possibile esaustivo nei loro confronti. Ciò, in particolare, considerando che:
1) il giudizio tributario è già caratterizzato da una forma (lato sensu) limitata, di carattere prettamente documentale - anche laddove la precedente riforma, di cui alla Legge 130/2022, ha espressamente ammesso la testimonianza (da effettuarsi comunque in forma scritta);
2) si assiste alla data odierna, ed invero già da tempo, a decisioni formulate in maniera senz'altro laconica, e che pertanto sono oggetto di impugnazione anche con riguardo ai possibili vizi della motivazione che vi si riconnettono.
Tale nuovo istituto pertanto non convince, soprattutto se la pronuncia in tale forma, che pare ad oggi un vero e proprio obbligo per l'organismo giudicante, risulta sì ancorata alle casistiche di "manifesta fondatezza, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso", ma al contempo, e in ogni caso, legata alla discrezionalità del giudice nel ritenere che l'atto introduttivo del giudizio si configuri come tale. Il tutto, in aggiunta, se si nota come la norma legittimi in maniera esplicita che la motivazione della sentenza rinvii a un precedente conforme (sic!): circostanza contraria all'attuale assetto processuale in ambito fiscale e che non esclude - ed anzi, in un certo senso legittima - che vengano richiamati indirizzi giurisprudenziali i quali, spesso e volentieri, risultano particolarmente lesivi della parte a cui viene richiesta la produzione delle "prove diaboliche", come accade per gli accertamenti sulle società a ristretta base, laddove i contribuenti possono sfuggire alla pretesa di fatto solamente dimostrando di non aver ricevuto le medesime somme accertate.
In definitiva il rischio è quello per cui, in un sistema caratterizzato dall'urgenza di una specifica preparazione in capo ai giudici, da cui dovrebbe conseguire la maggiore qualità delle decisioni che prendono, si giunga solamente ad un'accresciuta platea di soggetti che vedono lesi i propri diritti e aspettative; e ciò non solamente sull'oggetto del contendere, bensì anche con riguardo alla stessa sentenza che ne determina le sorti.
L'auspicio è dunque che si possa ripensare all'opportunità di simile forma dei pronunciamenti, intervenendo al più presto eliminando la norma che dà la possibilità di ricorrere a sentenze semplificate di questo tipo. Così da salvaguardare in maniera piena il diritto di difesa per i soggetti che ne hanno interesse, a partire dal contraddittorio e fino ad una decisione che sia "realmente giusta", sia dal punto di vista formale che sostanziale.
https://www.knos.it/editoriale/news/2024/01/05/comunicato_stampa_5-01-2024_-_sentenze_semplificate/14675
Roma, 5-01-2024
La Giunta UNGDCEC