Con l'emendamento al decreto legge n. 146/2021, approvato martedì 30 novembre, è stata prevista la non impugnabilità dell'estratto di ruolo. La possibilità di impugnazione diretta del ruolo e della cartella di pagamento invalidamente notificati, invece, è stata limitata soltanto al verificarsi di specifiche e residuali ipotesi.
In particolare, viene introdotto il comma 4-bis all'articolo 12 del DPR 602/1973 (Formazione e contenuto dei ruoli), contenente due previsioni:
1) l'estratto di ruolo non è impugnabile;
2) il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata possono essere direttamente impugnati solo in tre casi: pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto; blocco di pagamenti da parte della pubblica amministrazione; perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.
La modifica, che ha un impatto evidente sulla compressione del diritto di difesa del contribuente, genera un vero e proprio corto circuito rispetto alla disciplina legale e giurisprudenziale prodottasi nel corso del tempo.
Infatti, se dal punto di vista legislativo basta richiamare i precetti che contraddistinguono l'art. 19 del D.Lgs. n. 546/92, in cui al punto d) è espressamente prevista l'impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento, è doveroso rappresentare che la Corte con orientamento ormai consolidato si è spinta ben oltre, affermando che: "in tema di contenzioso tributario l'elencazione degli "atti impugnabili", contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.)". In questo modo viene confermata quindi un'interpretazione estensiva al diritto di impugnazione del contribuente "avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, con l'esplicitazione delle concrete ragioni, fattuali e giuridiche, che la sorreggono, porti comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è natura/iter preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19" (da ultimo cfr. Cass. ord. n. 3466/2021).
Con l'attuazione della nuova norma, invece, l'estratto di ruolo non è più impugnabile. Mentre in ipotesi di invalidità della notifica si potranno impugnare ruolo e cartella di pagamento unicamente nelle tre citate circostanze, rendendo di fatto impugnabile solo il primo atto con cui si manifesterà la misura cautelare o esecutiva, il che oltre ad inibire il diritto di difesa potrebbe comportare il rischio per i contribuenti (considerando i tempi "lunghi" della giustizia) di subire una misura cautelare prima della pronuncia del giudice.
Assunto che il principale obiettivo posto dall'emendamento di cui sopra sia quello di "sfoltire" la numerosa mole di ricorsi proposti innanzi la Giustizia Tributaria, riteniamo, senza il timore di essere smentiti, che questa non sia la strada giusta da percorrere!
L'obiettivo prefissato (riduzione del contenzioso e limitazione di ricorsi strumentali) potrà essere raggiunto solo in seguito a una seria e organica riforma della Giustizia Tributaria, troppe volte invocata ma non ancora attuata.
Le problematiche che affliggono il contenzioso tributario, tra cui l'elevato numero di controversie e i lunghi tempi del processo soprattutto nel giudizio di legittimità, non possono e non devono essere risolte mortificando il diritto di difesa dei contribuenti.
Alcune delle proposte riportate nel nostro manifesto sulla riforma del processo tributario, pubblicato nel giugno scorso, potrebbero risultare efficaci anche per risolvere i problemi sorti in relazione all'impugnazione dell'estratto di ruolo.
L'introduzione di giudici professionali e specializzati a tempo pieno, non "distratti" dagli affari degli altri uffici giudiziari, riuscirebbe a garantire una maggiore presenza presso le Commissioni Tributarie, migliorando il loro funzionamento e, di conseguenza, contribuendo all'efficace snellimento delle numerose cause pendenti, eliminando già in primo grado quelle "pretestuose". Così come affidare la gestione del reclamo/mediazione tributaria ex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/92 ad un organo terzo rispetto alle parti processuali - ad esempio al Garante del contribuente e/o ad un giudice monocratico (ovvero ad altro soggetto purché diverso dall'ente che emette l'atto impugnato) - potrebbe conferire finalmente efficacia a detto strumento deflativo.
Alla luce di quanto evidenziato fin qui, piuttosto che assistere ad interventi "spot" che si traducono in limitazioni del diritto di difesa dei contribuenti, risulta ad oggi quanto mai necessaria una riforma della Giustizia tributaria mirata alla risoluzione delle esuberanti lacune presenti nel sistema tributario.
Con l'auspicio di poter partecipare ad un dibattito sereno ed equilibrato tra tutti i tavoli istituzionali.
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Roma, 3 dicembre 2021
La Giunta UNGDCEC